Antonio Giuseppe Belotti
Antonio Giuseppe Belotti nacque a Tagliuno il 4 agosto 1879 da Giuseppe e Maria Zerbini.
Dopo il matrimonio con Maria Paolina Soccini di Tremosine e la nascita dei primi due figli, Antonio Belotti emigrò verso il 1906 con la famiglia negli Stati Uniti insediandosi a Chicago dove ottenne la cittadinanza americana nel corso del 1915.
La svolta accadde proprio in quell’anno quando l’Arkansas Farms Company pubblicizzò sui giornali di Chicago la vendita di lotti di terreno nella contea di Perry & Pulaski.
Quando si affacciò l’opportunità di possedere un terreno in Arkansas, Antonio Belotti decise che, per aumentare le proprie possibilità di successo in America, sarebbe stato meglio allevare i figli in un ambiente rurale e agricolo piuttosto che in una grande città dove la criminalità e il sovraffollamento erano ormai all’ordine del giorno. Insieme ad altre quattro famiglie italiane (Busato, Perrini, Granato e Segalla) si trasferì ai piedi delle montagne di Ouachita fondando la comunità chiamata “Alta Villa” in un ambiente che ricordava loro i luoghi nativi dell’Italia settentrionale. La data ufficiale di fondazione fu il 23 dicembre 1915. Entro il decennio successivo, altre dieci famiglie si unirono al villaggio, portando il numero delle famiglie a quindici. Fu in questo periodo che il nome del paese fu cambiato in Little Italy per sottolineare lo sviluppo di una città in crescita che cercava di diventare sempre più americanizzata.
Le condizioni del terreno e del clima si rivelarono favorevoli alla coltivazione dell’uva. Le cinque famiglie iniziarono lentamente a ripulire il terreno roccioso di quell’area per consentire l’insediamento dell’industria vinicola locale. Con una popolazione di meno di 100 abitanti, la comunità vantava già prima del 1920 la presenza di ben quattro cantine. Tuttavia l’avvento del proibizionismo nel 1919 ostacolò i primi tentativi di rendere redditizi i propri vigneti. Tuttavia nonostante la minaccia di chiusura della produzione di vino, questo gruppo di famiglie continuò a far affidamento sull’industria per guadagnarsi da vivere dignitosamente, vendendo l’uva a ceste nei negozi della vicina cittadina di Little Rock, ma anche producendo illegalmente vino e whisky di contrabbando.
Quando il proibizionismo finì e le cantine ripresero negli anni ’30, centinaia di acri di vigneti erano in piena produzione. Nel 1942, l’uva malata e la mancanza di profitto costrinsero i vigneti a chiudere e indussero i lavoratori a cercare lavoro altrove. Molti discendenti delle famiglie originarie vivono ancora all’interno della comunità.
Bibliografia
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