Luigi Gualdi
Luigi nasce a Vertova il 24 agosto 1905, quarto di undici figli di Bernardo Gualdi e Maria Grata Anesa. Uno dei figli sarà missionario, un’altra monaca di clausura. Luigi si avvicina alle idee del socialismo. A lasciare la valle, oltre alla voglia di riscatto, lo convince l’aggressione subìta nel 1922 dai fascisti al Circolo Operaio di Vertova nel 1922 cui poi ha reagito, con gli interessi, a spese del caposquadra.
Fugge verso la Francia il confine sprovvisto di documenti, da clandestino, senza conoscere una parola di francese. Approda a Nizza. Primo passo falso il furto di una bici, stremato com’era da spostamenti e occupazioni saltuarie.
Il 26 giugno 1924 Luigi Gualdi viene arrestato e condannato a quindici giorni di carcere. Il 2 luglio il Tribunale delle Alpi Marittime lo espelle dal territorio francese, ma il giovane bergamasco non si muove. Il 2 dicembre l’episodio che ne segnerà il destino. Con una complice che si chiama Gautier, Luigi si introduce nell’abitazione di un certo Izoarde o Izoardes (è il nome che sembra di leggere nelle carte). I due minacciano il proprietario, s’impossessano di alcuni oggetti, fino a quando Gautier non spara ferendo gravemente il malcapitato Izoarde. Sono arrestati. Gualdi viene rinchiuso nel carcere di Fresnes. Una scheda del 9 dicembre 1924 gli attribuisce il mestiere di manovale e lo descrive come “violento e pericoloso sotto tutti i punti di vista” per avere tentato di evadere demolendo dei gabinetti. Il 5 agosto 1925 Luigi Gualdi è condannato ai lavori forzati a vita. In carcere sconta anche novanta giorni di isolamento per avere danneggiato dei mobili, oltraggio e ribellione al personale. La Cassazione respinge l’appello.
Il 7 aprile 1927 Luigi sale su “La Martinière”, una nave requisita dalla Francia alla Germania dopo la guerra, che lo trasporta al bagno penale, in Guyana. È il forzato numero 49061.
I forzati sono 600, viaggiano completamente nudi rinchiusi in alcune gabbie. Molti non sopravvivono, i cadaveri vengono gettati in mare. La traversata dura tre settimane, fino all’approdo a Saint-Laurent, sul fiume Maroni, il 27 aprile. Di lì la deportazione in quelle che per feroce ironia del caso si chiamano Iles du Salut, Isole della Salvezza: l’Isola del Diavolo, l’Isola reale, l’Isola di San Giuseppe, tre isolotti di origine vulcanica che forano un piccolo arcipelago. Il clima è infernale. Malaria e lebbra, sono in agguato. La disciplina è spietata. Gautier, compagno di Luigi Gualdi nella sanguinosa rapina, viene ghigliottinato davanti ai compagni di pena per avere ammazzato una guardia. I familiari sono senza notizie di Luigi da più di due anni. Bernardo Gualdi, il padre, ha scritto le sue ultime lettere al figlio il 25 aprile e il 6 maggio del 1927, raccomandandosi alla pietà e all’amore del Signore: lettere che sappiamo oggi non sono mai state recapitate al destinatario.
L’ultima lettera di Luigi porta il timbro postale del 27 giugno 1927, due mesi dopo l’arrivo in Guyana. La famiglia si rivolge alle autorità dell’epoca. Il 30 ottobre 1929 Gaetano Rinaldi, segretario politico della sezione di Vertova del Partito nazionale fascista, scrive al consolato francese alla Caienna. La risposta è del 3 gennaio 1930: Luigi Gualdi è morto. Il decesso è stato provocato da “de suites de diarrhée”. È vero: Luigi è morto. Ma la causa della sua fine stata è un’altra. I dossier contengono, oltre all’atto di morte del ministero delle Colonie, un “billet de classement” del 28 maggio 1928. Il detenuto è stato visitato dal “medico maggiore” che ha diagnosticato una malaria grave. Luigi Gualdi è morto dieci giorni dopo, il 9 giugno. Il suo corpo, come quelli di tutti i reclusi che morivano in detenzione, è stato gettato in mare. Soltanto dieci anni più tardi, nel 1937, la legge francese abolirà la deportazione e i lavori forzati. Nel 1946 l’amministrazione francese chiuderà definitivamente i bagni penali della Guyana.